Memorie di una bevitrice di Estahè

Memorie di una bevitrice di Estahè

lunedì 28 ottobre 2013

Lo zen e l'arthè della manutenzione degli insetti

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

Se arriva novembre e giri ancora a mezze maniche, inizi ad avvertire un palpito di confusione. Ma come? E' autunno inoltrato, è subentrata l'ora legale, dovrebbe essere finito lo stress umorale ciclico provocato dal cambio di stagione!
Io voglio che la cipolla rientri nella mia vita portandosi dietro l'aglio, voglio chiudere a chiave Gaviscon in un cassetto, voglio tirare fuori i vestiti più pesanti senza sudare.
Perché non posso procedere dritta verso l'inverno? Cos'è veramente reale? Che senso ha il tempo? Perché esistiamo? Come faccio a esercitare la calma in un mondo in cui Ronn Moss, dopo 6400 puntate di Beautiful, dopo venticinque anni che interpreta Ridge Forrester, viene sostituito?
E, se a causa dell'ambiguità climatica, io dovessi decidere di non rinnovare il contratto a progetto che ho con me stessa, che succederebbe? Entrando in camera mia, Oris vedrebbe un'altra persona a tracannare Estathè, fissando la tavola periodica degli elementi? Leggerebbe una scritta di recast in sovraimpressione: «Il personaggio di Iris verrà interpretato da Gegia nel prosieguo delle puntate»?
Cosa diavolo mi sta succedendo? Perché mi sento in un limbo di confusione, come se fosse colpa della temperatura il fatto che non riesco a passare sotto il bastone? Perché non ce la faccio a calmarmi?
Eppure, quando sono tornata a casa, lo scorso week end, eravamo invasi dalle cimici verdi, così come dovrebbe essere in un autunno chiaro e limpido, senza ripensamenti.
Questo mi avrebbe dovuto pacificare con l'autunno.

«Papà, cos'è questa puzza?»
«Devi aver schiacciato una cimice. Come quasi tutti gli eterottori, anche i pentatomidi, per difendersi, rilasciano una sostanza fortemente revulsiva»
«Secondo te, può essere che il dipartimento della difesa degli Stati Uniti sia a forma di pentagono per ricordare una cimice? E' per questo che le piccole spie si chiamano cimici? Può essere che la Merkel ha scoperto il datagate perché ha sentito la puzza?»

Mio padre, ovviamente, non ha risposto a queste domande, non perché fossero retoriche o surreali, o perché fosse lapalissiana la babele delle mie questioni e la tangente intrapresa. Mio padre non ha risposto a queste domande, per il semplice fatto che lui è una voce fuori campo discriminatoria: politica internazionale no, tipologie di serpenti sì; sentimenti e ammennicoli vari no, funghi velenosi e mescole polimeriche sì.

«Papà, ti presento Pezzetta, un mio caro amico»
«...»
«Sai, accetta la mia dipendenza dall'Estathè e fa le pulizie al posto di Oris...»
«...»
«Svegliatosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo. Riposava sulla schiena, dura come una corazza, e sollevando un poco il capo vedeva il suo ventre arcuato, bruno e diviso in tanti segmenti ricurvi, in cima a cui la coperta del letto, vicina a scivolar giù tutta, si manteneva a fatica. Le gambe, numerose e sottili da far pietà, rispetto alla sua corporatura normale, tremolavano senza tregua in un confuso luccichio dinanzi ai suoi occhi...»
«Dunque, caro Pezzetta, hai subito una metamorfosi. Potremmo risalire alla tipologia di insetto, se mi dai maggiori informazioni»

Insomma, Kafka sì, «Con quale parte del mio corpo ho schiacciato questa fottuta cimice visto che la puzza me la sto portando dietro per tutta la casa?» no.

Se arriva novembre, giri ancora a mezze maniche, all'orizzonte non c'è ombra di un lavoro sensato o di un'esistenza chiara, la domanda dell'Estathè non si abbassa a causa del caldo, il viaggio sul regionale che ti riporta a casa non è per niente filosofico, flotte di cimici rincoglionite ti rumoreggiano intorno fino a che non ti siedi su una di loro (crepandola c'u mazz, come hai fatto con i Rayban vintage anni ottanta di tuo padre che, però, grazie al cielo, non puzzavano così) e poi scopri che per tua nonna, Ridge o non Ridge, è sempre Beautiful e che Il muto (ovvero tuo padre come lo chiamano i suoi amici della squadra di caccia al cinghiale, visto che non si degna di rispondere alla ricetrasmittente) si è preso una zecca dei boschi, certo che inizi ad avvertire un palpito di confusione e perpetri nella mancanza di calma. Altro che metafisica della qualità. Altro che non esistono più le mezze stagioni. Altro che lo zen e l'arte di procedere verso i livelli più elevati di svuotamento dalle ansie.

«La zecca è un ectoparassita ed è ematofago, si nutre di sangue»
«Dunque non conosce il concetto buddista della vacuità...»
«Spesso si stacca da sola dopo che ha finito il suo pasto, per questo non l'ho tolta subito»
«Oscilli tra essere una pagina di Wikipedia e una di Yahoo Answers, papà. Penso che, in caso di metamorfosi, diventeresti Philippe Daverio»
«...»

Se mio padre non soffrisse di mutismo selettivo avrebbe dovuto rispondermi con la frase simbolo della mia amicizia con Core.
Quando un ospite finisce il mio Estathè, quando le giornate sembrano non avere senso, quando Gegia si taglia i capelli corti per entrare di più nel mio ruolo, quando pesto tre merde con cinque passi e ottobre non sembra ottobre, io chiamo Core e lei, con lo stupore necessario a non farmi sentire pazza, esclama: «Ma che davero Daverio?», come se la filosofia estetica del mondo potesse essere salvata da una mano a cucchiara.
E' così che io mi calmo, respiro e divento vacua.
Come una bottiglia di Estathè a fine ottobre.

Prego, novembre, puoi arrivare: io e Gegia siamo pronte.

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