Memorie di una bevitrice di Estahè

Memorie di una bevitrice di Estahè

giovedì 12 settembre 2013

Pilathès

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

Mia sorella Oris ha acquisito, nel tempo, diverse specializzazioni: ha un master in persuasione silenziosa di soggetti iperattivi (fa le cose con una lentezza talmente snervante da condurti a terminarle al suo posto, pur di vederne la fine -ok, lo ammetto, sono io il soggetto iperattivo), un diploma in movimenti ondulatori post-cena (riesce a girarti intorno mentre sparecchi, facendoti pensare che ti sta aiutando, ma in realtà la sua è la danza di chi non sta muovendo un dito) e una laurea in Se fossimo in un mondo giusto, io ne sarei l'imperatrice.
Poco tempo fa, abbiamo ritrovato un suo tema delle elementari (ripeto: elementari!) che cominciava così: «Io ottengo sempre quello che voglio...».
Credo che, a tal fine, lei utilizzi una forma raffinata di pressione. Pressione bassa, ovviamente: molto bassa. Un'ipotensione che non riusciamo nemmeno a percepire ma che ci lavora ai fianchi, mistifica, confonde le carte in tavola, e porta a:
«Pezzetta, perché stai lavando i piatti?»
«Perché Oris li ha lavati ieri e oggi a pranzo»
«Veramente, ieri li ho lavati io e oggi, a pranzo, lei nemmeno c'era»
«Cazzo, m'ha fregato pure oggi. Vabbè, tanto ormai ho finito...»

E' stato così che è successo tutto. E' stato così che io e Leopardi ci siamo ritrovati su uno step, in imbarazzo, sudati e senza che io potessi bere Estathè.
Ora, come ben sapete, ho già il mio bel carico di problemi, quindi lo sguardo fisso di Oris, con quegli occhi giganti da Pollon Combina guai, e il mantra Andiamo almeno a vedere com'è la palestra che ha usato contro di me, non ho potuto sopportarlo oltre un certo tempo.
Dopo sette anni, ho ceduto e l'ho seguita.
L'infida biondina dei Ricchi e poveri, mentre io guardavo veramente com'era la palestra, ha tirato fuori il bancomat e ha fatto l'abbonamento di tre mesi per entrambe; poi mi ha detto «Ormai ho pagato, ora ci devi venire». E poi, piano piano, dentro di sé, io lo so, si è detta: «Io ottengo sempre quello che voglio!».

«Irisù, tu non me pòi fa quescdo. Ce simo messo tandi anni pe' fatte venì quella bella gobetta sulle spalle. Mo' la volemo perdè cuscì, de pundo in bianco?»
«Giacomo, lo so, ma mi ha ricattato»
«Se chiama Silvia 'sda stronza, vè?»
«No, si chiama Oris»
«Eravamo quasci arrivadi alla seconda gobba, c'eravamo quasci. Scendi da sto scalino, 'namo a scrive 'n sonetto...»
«Giacomino, non so che dire. Ora non mi distrarre, però, sto facendo GAG!»

Il ventinovesimo cerchio della mia vita, in questa quotidiana (e poco divina) commedia, è stato finora suddiviso in tre gironi infernali: rottura del gancio della tenda, matrimonio senza amore con il Gaviscon e scoperta dell'esistenza del GAG.
Gambe-addominali-glutei è una forma di tortura moderna, durante la quale un istruttore sudato dai bizzarri gusti musicali racconta a uno specchio pieno di donne molto più sudate di lui una serie di mosse ritmate con step, tappetino e bilanciere.
Mentre Giacomino beveva Estathè alle mie spalle, cercando di trovare un termine giusto per descrivere le ragazze di quella classe, a me ne è venuto in mente solo uno, in romanesco.
Erano «ingarellate». Eravamo ingarellate.
Io, che inciampo pure a ballare l'Hully Gully, mi ostinavo ad andare avanti anche se usavo sempre il piede sbagliato, muovevo sempre il braccio opposto; mentre Oris, molto più musicale, seguendo meglio, assumeva un colorito sempre più nefasto, molto simile al ravanello, che contando che di solito è una bambola di porcellana che ha mangiato troppi latticini, faceva davvero impressione.
«Simo pazzi? Guardate che potete morì se 'nnate avandi! Altro che sudate carte
Quando ci ha fatto stendere a terra, la mia esofagite si è fatta sentire: ho guardato Oris, Oris ha guardato me e ha capito che mi stava venendo la nausea perché non posso essere distesa senza un sostegno per la testa.
«Ti prego, non vomitare», mi ha detto.
«Soffrirei troppo nel non poterti riprendere con l'iPhone. Lo sapevo che dovevo portarmelo!»
La sorellanza è un amore profondo, si sa.

Grazie alla disambiguazione su Wikipedia, Leopardi è tornato indietro da gag, scena umoristica a GAG, sequenza di esercizi di fitness, io ho finalmente bevuto un po' di Estathè e mi sono salvata.
Potevamo morire, ma non siamo morte. Oris ci ha messo tre ore a tornare del suo colorito naturale e non ci siamo dette del disagio vissuto fino a quando non abbiamo incontrato il Pilates, ugualmente faticoso, ma molto più consono alle nostre peculiarità.
«Qui mi sento più a mio agio», mi ha detto Giacomo. «Te posso pure legge' le poesie, mentre mantieni la posizione...»

«Pezzetta, lo sapevi che abbiamo più di settecento muscoli nel nostro corpo?»
«No»
«Io e Iris ne usavamo meno di un decimo, calcola che tutti gli altri ci bruciano»
«E quindi?»
«Puoi lavare tu i piatti?»

Il Pilates incoraggia l'uso della mente per controllare i muscoli.
Oris utilizza lo scoramento dei muscoli per controllare la mente.
Pezzetta lava i piatti e io, con molto probabilità, mi ritroverò a «provare» un corso che si chiama Fit burlesque.

Ha sempre più armi contro di noi: lei è l'imperatrice del mondo. 

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