Se avessi potuto
scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
“Ehi
tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi
una voce fuoricampo”
L'inizio di maggio
mette ansia, diciamoci la verità. Non che gli altri mesi siano
meglio, ma quando inizia maggio, Oris stila una lista delle cose che
possono succedere a me, a lei e a tutta la nostra famiglia perché
sostiene che se ci deve succedere qualcosa di brutto, succederà a
maggio e che le tragedie, elencandole, le esorcizzi.
Oris non è una persona
molto affidabile e, di solito, le sue credenze sono illogiche ed
irragionevoli: non ci appoggeresti dentro nemmeno i bicchieri
sbeccati, però, in questo caso, ha terribilmente ragione.
Ogni anno, a maggio,
cascate di estathè irrorano il calendario, scavando giorni profondi
come abissi: si beve per dimenticare, per sostenere il peso
dell'ultimo mese di primavera e per festeggiare l'inizio di una nuova
stagione perché ogni volta che si chiude una porta, già un altro
stronzo è pronto a bussare.
Un anno fa, Chewbecca
ha iniziato a perdere copiose ciocche di peli ed ha deciso di
lasciarmi. Via mail. Nessuna “difesa Chewbecca” potrà mai
scagionarlo dalla sua colpa, nemmeno se fosse il suo tricologo a
pronunciarla.
“Signorina,
veniamo noi con questa mia addirvi una parola che scusate se sono
poche ma sette cento mila lire; noi ci fanno specie che questanno c’è
stato una grande morìa delle vacche come voi ben sapete.: questa
moneta servono a che voi vi con
l'insalata
consolate dai dispiacere che avreta...”
“I
tuoi hanno speso anche i soldi per farti studiare. Complimenti.”
“...”
“E
soprattutto, queste settecentomila lire me le potevi pure dare come
buona uscita, visto che l'anello l'hai rivoluto e non mi hai fatto
recapitare nemmeno una cassa di estathè di scuse...”
“...”
“Oddio,
ce ne sarebbero volute almeno settecentomila di casse di estathè non
mescolati con la passiflora per farti perdonare, ma questo è il
guaio di perdere i capelli, che si perde pure la forza. Chiedi a
Sansone, Chewbecca, lui te ne può raccontare delle belle...”
“...”
“Che
dire? Mi mancherai. Mi mancheranno le nostre partite a Risiko, quando
ti incazzavi se ti attaccavo e nemmeno il fatto che dovevo
distruggere le tue armatine ti faceva smettere di urlare che il mio
era un attacco alla tua persona. Mi mancherà il modo in cui prendevi
a calci i cerchioni delle macchine degli altri perché non ce la
facevi a fare manovra. Mi mancheranno le nostre discussioni sul
marrone, che no cazzo, non è il colore che sta bene con tutto. Mi
mancherà la tua autoironia e quel posacenere che hai spaccato a
terra quella volta che ti ho detto che un tuo cortometraggio faceva
cagare. Mi mancherai Chewbecca. Comprati un bel toupet.”
“Salutandovi
indistintamente i fratelli Caponi (che siamo noi i Fratelli Caponi)”
“Almeno
hai parlato....”
“...”
“...
e almeno, adesso, hai smesso di parlare.”
Lo
so, lo so. E' una voce fuoricampo amara questa voce di inizio maggio:
è nostalgica come una puntata di Beverly Hills, come le
trecce che
Sansone si
faceva sciogliere al
posto dei
cavalli
e come un ammanco di settecentomila lire vintage.
Ma stavolta, va così.
Non me ne abbiate:
passo il mio tempo con Oris, a stilare liste su improbabili arche
dell'alleanza che fulminano di netto la nostra famiglia, hotel del
terrore che trasformano i padri in surreali “dull boy” e androidi
che combattono contro le dichiarazioni dei redditi che fanno le
madri.
Alla fine, a
cinematografare la vita rischi di diventarci scema.
Meno male che ho il mio
estathè.
Lui di certo, non mi
lascerà mai.
E se dovesse farlo,
sicuramente non me lo comunicherebbe via mail.
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